Arte fuori dal palco

Se cantar mi fai d'amore…La drammaturgia di Annibale Ruccello (Bulzoni Editore)

Se cantar mi fai d'amore…La drammaturgia di Annibale Ruccello (Bulzoni Editore)

"Se cantar mi fai d’amore…La drammaturgia di Annibale Ruccello" (Bulzoni Editore) di Mariano D’Amora docente universitario di Storia del Teatro presso la Royal Holloway University of London, è uno studio completo e sistematico di tutta l’opera di Annibale Ruccello, drammaturgo napoletano scomparso in un drammatico incidente d’auto nel 1986 a soli 30 anni.
 

Un “omaggio alla forza innovatrice della drammaturgia di Annibale Ruccello, al suo desiderio di spaziare fra generi e tematiche alla costante ricerca del brutto della vita”, scrive l’autore ma anche, a nostro avviso, un importante tassello che forse mancava e che analizza la poetica teatrale di Ruccello a 360 gradi, con la precisa indagine dello studioso, unita alla profonda passione dell’uomo di teatro. Il saggio si apre con un ulteriore piccolo e dettagliato saggio racchiuso in un unico capitolo che dà conto della scena teatrale degli anni ’70, soprattutto a Napoli. Importante e lodevole introduzione, diremo, che si pone come base per comprendere tutto il successivo teatro di Annibale Ruccello.
 

E non solo, perché questo “saggio nel saggio”, fa luce – mettendolo a sistema  - su un momento storico/culturale di importanza fondamentale per comprendere come l’Italia e Napoli, da sempre capitale della teatralità, recepirono la lezione internazionale di un nuovo modo di concepire il teatro, rimodellandola sulle proprie esigenze artistiche e visive in ambito teatrale. Insomma un capitolo “Storico”, di importanza fondamentale. La scena teatrale subisce una evoluzione, dunque, abbandonando definitivamente un modo di fare teatro “borghese”, legato a stilemi tradizionali, per privilegiare l’uso della parola come vettore d’inquietudine, la funzionalità del corpo dell’attore come “corpus scenico”, la grande comunicazione del linguaggio della gestualità. Si incomincia a scrivere così per i corpi e “sui corpi”. Questo nuovo modo drammaturgico, la famosa “avanguardia teatrale”, rivoluzionò, insieme alla musica, quegli anni fervidi, quasi furiosi e assetati di cambiamento. Ciò preludia agli anni ’80 quando a Napoli si attesta un fenomeno teatrale definito dalla più parte dei critici “Nuova Drammaturgia” o, addirittura, “Dopo Eduardo”, intendendo con esso la generazione successiva ad Eduardo De Filippo che rivoluzionò definitivamente il linguaggio e i contenuti del teatro targato Napoli.
 

Di esso fenomeno ne fanno parte Enzo Moscato, Annibale Ruccello, Manlio Santanelli. Tre personalità artistiche eccezionali, tre drammaturghi che intraprendono, appunto un cammino nuovo, che racconta non più e non solo ciò che si può “vedere” ma anzitutto ciò che è nascosto, il metaforico mondo sotterraneo dell’individuo, emblematicamente legato ad una città come Napoli che vive anche nella città “di sotto”, nel sommerso più profondo ed ancestrale della sua storia. Un teatro diverso che diventa scuola per tutte le generazioni a venire.
 

Annibale Ruccello, forte dei suoi studi antropologici e filosofici, imprime alle sue storie teatrali un carattere quasi “noir”, un antropologico gusto di scavare nel sommerso della diversità dell’animo umano, nella diversità della tradizione, persino della leggenda/fiaba, insomma in un profondo microcosmo interiore dove possono albergare anche i mostri.
 

Dopo primi testi d’esordio (Il Rione, una elaborazione de La Cantata dei Pastori, L’Osteria del melograno, l’Asino d’oro, L’Ereditiera, questi ultimi tre testi scritti insieme a Lello Guida) e lavori su commissione (I gingilli indiscreti, La Ciociara, La fiaccola sotto il moggio) ecco arrivare il suo primo grande capolavoro: Le cinque rose di Jennifer, seguito da Notturno di donna con ospiti, Week-end, Ferdinando, Mamma. Piccole tragedie minimali, e il postumo ma non per questo meno importante, incisivo Anna Cappelli. Un teatro intriso di amore, morte, disperazione, emarginazione, esaminato da Mariano D’Amora di certo con l’occhio attento dello studioso ma anche con la consapevolezza e l’incanto passionale di chi il teatro lo sviscera nel profondo delle sue pieghe. Un saggio pregevole, un atto d’amore per un giovane drammaturgo che ci ha consegnato dei testi di grande impatto e bellezza, dove il linguaggio teatrale corrosivo e tagliente, mai banale, s’innesta nelle storie diventandone un ulteriore, fondamentale, protagonista.  Annibale Ruccello che è scomparso troppo presto dalla scena della vita, che tanto ancora avrebbe potuto dare al teatro. Un libro da leggere, approfondire.